Titolo: Le stanze buie
Autore: Francesca Diotallevi
Serie: singolo
Editore: Mursia
Data di pubblicazione: settembre 2013
Punto di vista: prima persona
Livello di sensualità: molto basso
Trama: Torino 1864. Un impeccabile maggiordomo di città viene catapultato nelle Langhe: per volere testamentario di un lontano zio, suo protettore, dovrà occuparsi della servitù nella villa dei conti Flores. Il protagonista si scontra così con il mondo provinciale, completamente diverso da quello dorato e sfavillante dell'alta società torinese, e con le abitudini dei nuovi padroni e dei loro dipendenti. Nella casa ci sono un conte burbero, una donna eccentrica e anti-conformista, ma anche sola e infelice, un cameriere dalla doppia faccia e una vecchia che sa molte cose, ma soprattutto c'è una stanza chiusa da anni nella quale non si può assolutamente entrare. A partire da questo e da altri misteri il maggiordomo si troverà, suo malgrado, a scavare nel passato della famiglia per scoprire segreti inconfessati celati da molto tempo e destinati a cambiare per sempre la sua vita.
Per festeggiare l'uscita del nuovo romanzo di Francesca Diotallevi, Amedeo je t'aime, vi lascio la recensione del primo libro pubblicato da questa bravissima autrice. Complimenti Francesca! Non vedo l'ora di rileggerti.
Ho letto questo romanzo quasi un anno fa, quando il blog ancora non esisteva nemmeno nella mia fantasia. E' stato un caso particolare perché, se mi fossi dovuta basare solo su copertina e trama, non lo avrei comprato. Sono un tipo da letture leggere (ma va?). Durante la mia adolescenza ho letto abbastanza classici da bastarmi per il resto della vita e questo libro aveva tutta l'aria di un "classico". Poi ho letto una recensione molto positiva di una blogger che stimo molto (sì Silvia, sto parlando di te) e Francesca è stata così carina da rispondere a un paio di domande che le feci nei commenti alla recensione. Era fatta. Dovevo avere questo libro.
Ho letto questo romanzo quasi un anno fa, quando il blog ancora non esisteva nemmeno nella mia fantasia. E' stato un caso particolare perché, se mi fossi dovuta basare solo su copertina e trama, non lo avrei comprato. Sono un tipo da letture leggere (ma va?). Durante la mia adolescenza ho letto abbastanza classici da bastarmi per il resto della vita e questo libro aveva tutta l'aria di un "classico". Poi ho letto una recensione molto positiva di una blogger che stimo molto (sì Silvia, sto parlando di te) e Francesca è stata così carina da rispondere a un paio di domande che le feci nei commenti alla recensione. Era fatta. Dovevo avere questo libro.
Peccato che fosse reperibile solo in cartaceo e ormai mi ero votata al digitale, sono una integralista di Amazon, lo ammetto senza vergogna. Ma ci sono alcune cose per cui vale la pena fare delle eccezioni. Così dopo averlo cercato (inutilmente) in libreria, ho acquistato l'ultima copia disponibile su Amazon (sempre lui che mi salva le chiappe). E mi ci sono tuffata a pesce. L'ho letto in pochissimi giorni e mi è piaciuto davvero molto, anche se con qualche piccola, irrisoria, infinitesimale riserva. E' stata una lettura così particolare, mi è rimasta così impressa che, anche dopo tutto questo tempo, ho pensato meritasse uno spazio nel blog.
Partiamo dall'ambientazione, davvero originale e curatissima. Seconda metà del 1800 italiano, il maggiordomo Vittorio Furbini ci descrive con il suo accento snob una campagna per lui aliena, gretta, isolata, per lui che viene da Torino, che, ricordiamolo, all'epoca era la capitale d'Italia, l'ombelico del mondo. Per quanto l'ambientazione campagnola potrebbe far pensare ad un'atmosfera bucolica, Villa Flores viene ritratta a tinte cupe, con un'atmosfera di perenne incuria e disorganizzazione. Quest'atmosfera angosciante viene accentuata da strani e inspiegabili avvenimenti. Sarò sincera, non sono un'esperta del periodo storico, quindi non posso dire con certezza che non ci siano errori nella ricostruzione che ne viene fatta, quello che posso dire è che l'ho trovata molto interessante e vivida, sembrava di vederla con i miei occhi.
Se in un primo momento la storia si concentra sulla mansione di Vittorio e i suoi compiti di maggiordomo all'interno della casa, strizzando un po' l'occhio alla celebre serie tv Downton Abby, piano piano lascia sempre più il campo a Vittorio come essere umano. Questo passaggio segue il ritmo evolutivo dello stesso Furbini, che da maggiordomo tutto d'un pezzo, il cui valore più alto era il dovere e l'obbedienza ai proprio padroni a discapito di qualsiasi bisogno personale, diventa piano piano consapevole dei proprio sentimenti e bisogni. Più cosciente del proprio io. Questo cambiamento avviene in lui in modo lento e graduale, un po' perché scosso da manifestazioni che hanno del sovrannaturale e un po' per le figure della contessa Flores e della figlia, le quali non lo trattano con il distacco a cui è abituato e lo obbligano a porsi delle domande profonde.
Se in un primo momento la storia si concentra sulla mansione di Vittorio e i suoi compiti di maggiordomo all'interno della casa, strizzando un po' l'occhio alla celebre serie tv Downton Abby, piano piano lascia sempre più il campo a Vittorio come essere umano. Questo passaggio segue il ritmo evolutivo dello stesso Furbini, che da maggiordomo tutto d'un pezzo, il cui valore più alto era il dovere e l'obbedienza ai proprio padroni a discapito di qualsiasi bisogno personale, diventa piano piano consapevole dei proprio sentimenti e bisogni. Più cosciente del proprio io. Questo cambiamento avviene in lui in modo lento e graduale, un po' perché scosso da manifestazioni che hanno del sovrannaturale e un po' per le figure della contessa Flores e della figlia, le quali non lo trattano con il distacco a cui è abituato e lo obbligano a porsi delle domande profonde.
Da qui si dipanano due fili paralleli che finiranno per intrecciarsi indissolubilmente e imprevedibilmente. Da una parte il mistero che si nasconde nelle stanze buie e dietro porte chiuse a chiave. Dall'altra la scoperta di Vittorio dell'amore e della passione, sentimenti a lui totalmente sconosciuti. Un intreccio ben costruito, avvincente, con una tensione narrativa davvero ben gestita. Il lettore si chiede fino all'ultimo cosa e quanto di quello che accade sia reale.
Il punto forte è indubbiamente il protagonista, Vittorio. Vedere la sua incertezza, il suo smarrimento, la sua crescita quale uomo innamorato, è stato struggente ed emozionante. Se nelle prime pagine lo guardavo con una certa sufficienza, disprezzando la sua personalità fredda e arida, con il passare del tempo non ho potuto che innamorarmi di lui, pur con tutti i suoi difetti. Il suo cuore, rimasto per tanti anni chiuso al sicuro, ha dimostrato di aver preservato tutta la sua purezza.
Che dire del finale? Sapete che odio visceralmente gli spoiler, quindi non ne farò parola, così come ho evitato di dirvi con chi Vittorio troverà l'amore, anche se penso sia abbastanza prevedibile. Vi basti sapere che questo è un romanzo storico, non un romance. Ci siamo capiti? A buon intenditore...
Per quanto riguarda lo stile di scrittura dell'autrice, non posso che parlarne bene. E' studiato, ricercato, a volte forse troppo, per me. Ciò nonostante arriva al cuore. Anche se ho notato qualche ingenuità, in alcuni passaggi, di sicuro dovute alla giovanissima età della Diotallevi, l'insieme è di una maturità e abilità notevoli.
Insomma, ho apprezzato questo libro che mi ha ricordato l'amato Jane Eyre, e l'ho consigliato a chiunque. Delle tre persone che l'hanno letto, tutte ne sono rimaste entusiaste, eleggendolo addirittura a libro dell'anno. Ora, io non arriverei a tanto, sono pur sempre una romance addicted, ma di sicuro è un libro notevole, che merita un posto speciale sulla mia libreria.
Il mio voto è:
Il nuovo romanzo di Francesca Diotallevi si intitola Amedeo, je t'aime ed esce in libreria proprio oggi, martedì 15 settembre 2015. Questa è la trama, non è super intrigante? Nonostante la copertina un po' troppo rétro per i miei gusti, l'ho già ordinato!
Trama: Parigi, 1917. Jeanne Hébuterne ha solo diciannove anni quando, a una festa di carnevale, incontra il pittore Amedeo Modigliani. Soprannominato Maudit, maledetto, Modigliani è conosciuto nel quartiere di Montparnasse per lo stile di vita dissoluto e il carattere impetuoso, oltre che per i malinconici ritratti dagli occhi privi di pupille che nessuno vuole comprare. Lei, timida aspirante pittrice con le ali tarpate da una rigida famiglia cattolica, non può fare a meno di sentirsi fatalmente attratta da quest'uomo bello e povero, che sembra vivere di sogni apparentemente irrealizzabili e affoga dolori e frustrazioni nell'alcol e nella droga. Per lui lascia ogni cosa, mettendo da parte le proprie aspirazioni, e si trasforma in una compagna fedele e devota, pronta a seguirlo ovunque, come un'ombra, anche oltre la soglia del nulla. Struggente e tormentata, la loro storia scardinerà ogni convenzione, indifferente a regole e tabù, obbedendo all'unica legge a cui non ci si può sottrarre: quella del cuore. Amore e morte si mescolano, in questo romanzo, alla passione che anima il cuore di un artista, al desiderio disperato di riuscire ad afferrare una scintilla di infinito.
Silvia? Silvia io? Ma che onoreeee *e le diceva NO, parlavo di un'altra Silvia* XD
RispondiEliminaComunque romanzo bellissimo e suggestivo, ricordo ancora certi passaggi e quando succede, quando le immagini mi si stampano nella mente, allora vuol dire che ho letto un gran libro!
X°°°D Ma certo che sei tu! Hahahaha!!! Ti adoro. Comunque sì, gran libro e l'ho conosciuto grazie a te, quindi... Grazie! (Maronna, che sviolinata. Adesso mi ricompongo. Forse.)
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