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lunedì 5 febbraio 2018

Recensione Chiamami col tuo nome di André Aciman

Titolo: Chiamami col tuo nome
Titolo originale: Call me by your name
Autore: André Aciman
Editore: Guanda
Genere: Contemporaneo
Anno edizione: 2008
PoV: Prima Persona

Trama: "Chiamami col tuo nome" è il racconto dell'attrazione improvvisa e travolgente che sboccia tra due ragazzi, il diciassettenne Elio, figlio di un professore universitario, in vacanza con la famiglia nella loro villa in Riviera e un giovane ospite, invitato per l'estate, il ventiquattrenne Oliver, che sta lavorando alla sua tesi postdottorato. Quell'estate della metà degli anni Ottanta viene rievocata, a distanza di vent'anni, dal più giovane dei protagonisti. Sconvolti e totalmente impreparati di fronte allo scoppiare di questa passione, i due inizialmente tentano di simulare indifferenza, ma con l'avanzare dei giorni vengono travolti da un'inesorabile corrente di ossessione e paura, seduzione e desiderio, il vero protagonista del romanzo: "II desiderio che è in noi, e non è necessariamente riferito all'altro. Piuttosto l'altro rappresenta la promessa di un avvicinamento alla soddisfazione di questo bramare...". Quello che Elio e Oliver proveranno in quei giorni estivi e sospesi in Riviera e durante un'afosa notte romana sarà qualcosa che loro stessi sanno non si ripeterà mai più: un'intimità totale, assoluta, un'esperienza che li segnerà per tutta la vita.

Recensione di Alexandria:
Inizierò col dire che ho deciso di leggere questo libro spinta dalla curiosità creata intorno al film di Guadagnino che ha fatto parlare molto di sé per le candidature all’Oscar per il 2018.
A onor di cronaca, ho visto il film ma solo dopo aver letto il libro, giungendo alla conclusione che l’impresa del regista sia stata davvero ardua e che il risultato della sua fatica debba essere considerato oltremodo apprezzabile, dal momento che ha tratto un film da un libro davvero difficile da portare sullo schermo.

Chiamami col tuo nome può essere considerato un romanzo di formazione, in quanto tratta la crescita e la maturazione di un personaggio, Elio, dall'età giovanile fino all’età adulta, ma è anche un romanzo psicologico-intimistico, in quanto i pensieri di Elio la fanno assolutamente da padrone in tutto il libro.

A metà degli anni Ottanta, Elio, diciassettenne ebreo figlio di un professore universitario, trascorre l’estate nella villa di famiglia in un luogo imprecisato della Riviera, tra giardini lussureggianti e frutteti, piscina e campo da tennis e il mare a un tiro di schioppo da casa.
Ogni anno, la sua famiglia è solita invitare uno studente straniero per completare gli studi post laurea sotto la supervisione del professor Perlman, vivendo nella sua casa e con la sua famiglia, frequentando gli amici e i conoscenti dei padroni di casa, addirittura dormendo nella camera di Elio, sfrattato per l’occasione nella vecchia camera del nonno, adiacente alla propria.
Quell’anno tocca a uno studente americano di ventiquattro anni, il quale deve completare il proprio libro su Eraclito, un ebreo bello, biondo e talentuoso di nome Oliver.
[...] lo guardo scendere dal taxi, camicia celeste svolazzante aperta sul davanti, occhiali da sole, cappello di paglia, pelle ovunque. All’improvviso mi stringe la mano, mi passa lo zaino, scarica la valigia dal bagagliaio e mi chiede se mio padre è in casa.
Chissà, forse è iniziato tutto in quel preciso istante: la camicia, le maniche rimboccate, i talloni arrotondati che entravano e uscivano dalle espadrillas consunte, ansiosi di saggiare la ghiaia calda del vialetto che portava a casa nostra, chiedendosi a ogni passo: «Dov’è la spiaggia?»
L’ospite dell’estate. L’ennesima scocciatura.
Chi sia il nostro Oliver lo sappiamo solo tramite le descrizioni e i pensieri (a fiumi) di Elio. Inquadrarlo non è facile, parla poco Oliver ma quando lo fa ogni parola ha un enorme significato, persino il suo saluto tipicamente americano, che così strano suona alle orecchie di Elio e dei suoi: “later”, tradotto nel libro con “dopo”, un continuo ripeterlo che definisce tutta la prima parte del libro, intitolata manco a dirlo “Se non dopo, quando?”

Questa prima parte vede Elio affrontare i suoi sentimenti nei confronti di Oliver e allo stesso tempo fronteggiare quelli di Oliver verso di lui.

Elio è un ragazzo molto intelligente, appassionato musicista e compositore, lettore e intellettuale maturo per i suoi diciassette anni. Vive una vita sicuramente diversa da quella della maggior parte dei suoi coetanei: la sua casa è frequentata da studiosi e personalità provenienti da tutto il mondo, conosce le lingue e le parla con disinvoltura, ha un rapporto coi genitori piuttosto aperto, molto libero, come libero è lui stesso.
È un ragazzo che non ha regole e proprio per questo, non avendo bisogno di infrangerle, risulta estremamente educato, anche se il suo modo di ribellarsi lo ha trovato comunque.

Oliver in poco tempo conquista tutti in casa sua: la madre, il padre, gli amici di Elio, Chiara e Marzia, persino i domestici, Anchise, Manfredi e Mafalda, che lo chiama Ulliva e che addirittura gli apre le uova alla coque, perché gli americani non lo sanno fare.
E senza volerlo, senza nemmeno ammetterlo, anche Elio si trova attratto da lui, perché Oliver, così difficile e inavvicinabile con lui, con una parola e uno sguardo, riesce a trasformare il gelo in un raggio di sole, e a confondere Elio in modi sempre nuovi.
Era impossibile riuscire a fissarlo abbastanza a lungo, ma dovevi provarci se volevi capire perché era impossibile.
Del resto, i segnali che Oliver sembra mandargli sono piuttosto ambigui. Sembra quasi che lo faccia apposta, dandogli corda e assecondandolo per poi cancellare qualunque accenno d’amicizia gli ha dimostrato, gettando Elio nella confusione più totale che si manifesta con un’inondazione di pensieri in cui vengono proiettate tutte le possibili varianti ai comportamenti di Oliver e di Elio stesso, cose che non sono avvenute ma che si sarebbero potute avverare, e allora se si fossero avverate è così che sarebbero dovute andare.
Eppure, un paio di settimane dopo il suo arrivo, ogni notte volevo che uscisse dalla sua camera, passando non dalla porta, ma dal balcone. Volevo sentire la sua portafinestra aprirsi, le sue espadrillas sul balcone e poi il rumore della mia portafinestra, mai chiusa col fermo, che veniva sospinta, e poi lui che entrava in camera mia dopo che erano andati tutti a dormire, si infilava sotto le lenzuola, mi spogliava senza chiedermelo e, dopo avermi fatto venire voglia di lui più di quanto pensassi di poter mai desiderare un altro essere vivente, con delicatezza, dolcemente, con la gentilezza che si usa tra ebrei, si insinuava nel mio corpo, con delicatezza, dolcemente, dopo avere ascoltato le parole che ormai provavo da giorni: Ti prego, non farmi male, che in realtà volevano dire: Fammi tutto il male che vuoi.
Le giornate di Oliver e Elio passano, spesso confuse nei ricordi di Elio, senza una sequenza temporale, come un fiume in piena che ricorda Eraclito e il suo “tutto scorre”, sei settimane fatte di momenti ripetuti: la colazione, Oliver disteso sul prato o a bordo piscina con le sue carte, Elio seduto al suo tavolo con la sua musica da trascrivere, la nuotata, la corsetta, poi il giro in bici per il paese dalla traduttrice, il pranzo con ospiti nuovi ogni giorno, il pomeriggio e le partite a tennis, il balcone che unisce le loro camere, il sole e il mare, le albicocche e le pesche e libri ovunque.

E le farfalle nello stomaco di Elio, il tuffo al cuore che prova ogni volta che non trova Oliver, o si aspetta di incontrarlo e lui non c’è, e i battiti accelerati quando lo scorge e Oliver si accorge di lui o finge di non vederlo, gettandolo di nuovo nell’agonia.

Ed è così che arriviamo alla seconda parte del libro: La collina di Monet.
Una sera ero nella biblioteca di mio padre a leggere e mi imbattei nella storia di un giovane e avvenente cavaliere innamorato alla follia di una principessa. Anche lei lo amava, benché non ne sembrasse del tutto consapevole e, nonostante l’amicizia che era sbocciata tra loro, o forse proprio per quello, lui si ritrovava così intimorito e senza parole di fronte al minaccioso candore di lei che era completamente incapace di dichiararle il suo amore. Un giorno le chiese di punto in bianco: «È meglio parlare o morire?»
Io non avrei mai il coraggio di farla, una simile domanda.
E invece gli eventi portano Elio a scegliere se parlare o morire, e allora parlare sembra l’unica cosa che gli sia rimasta, perché è impossibile vivere “tra sempre e mai”, perché non ci sono cose che contano più di questa, perché non c’è nessuno a cui potrebbe dire ciò che prova, nessuno tranne Oliver.
«E quali sarebbero le cose che contano davvero, sentiamo?»
Stava facendo il finto tonto?
«Lo sai bene. Tra tutti, ormai proprio tu dovresti avere capito.»
Silenzio.
«Perché mi stai dicendo questo?»
«Perché pensavo dovessi saperlo.»
«Perché pensavi dovessi saperlo.» Ripeté le mie parole lentamente, cercando di coglierne appieno il significato, se le rigirava in bocca, come se ripeterle lo aiutasse a guadagnare tempo. Dovevo battere il ferro finché era caldo, lo sapevo.
«Perché voglio che tu sappia!» esclamai di getto. «Perché non potrei dirlo a nessun altro, se non a te.»
Oliver. Un ragazzo americano ospite di un professore in Italia, che si trova ad affrontare il figlio diciassettenne di quest’ultimo e i sentimenti che scatena in lui.

Perché Oliver ha inteso, perché anche Oliver sente le stesse cose, perché Oliver ha capito ogni singolo atteggiamento di Elio, il suo evitarlo e il fingere che non gli importi nulla di lui. Lo sapeva, Oliver, aveva smascherato da tempo Elio, tuttavia non c’era nulla che potesse fare, se non trattenersi e lo stesso doveva fare Elio.
E il silenzio è ciò che accade.
E il silenzio è anche ciò che inevitabilmente è destinato a infrangersi.
Da questo momento, pensai, da questo momento come mai nella mia vita, avevo la netta sensazione di essere arrivato a un qualcosa che mi era molto caro, di volerlo per sempre, di essere me stesso, me stesso, me stesso, me stesso e nessun altro, me stesso e basta, di sentire in ogni brivido che mi correva lungo le braccia qualcosa di totalmente alieno eppure nient’affatto estraneo, come se tutto ciò fosse stato parte di me da sempre, ma poi l’avessi perso e adesso lui mi avesse aiutato a ritrovarlo.
Il racconto della storia di Elio e Oliver è visto attraverso gli occhi di un diciassettenne che diciassettenne non è più e che ricorda tutto ciò che furono quelle sei settimane in cui la vita di Elio subì l’incontro con Oliver.
Subire è il verbo esatto, secondo me.
Perché quell’incontro determinò tutto ciò che Elio fu dopo, dividendolo da ciò che Elio era stato prima.

Tutto, la Collina di Monet, la collina dei baci e delle rivelazioni, la Sindrome di San Clemente (la terza parte del libro) con la bellissima Roma fatta di vicoli, di librerie vive di sera, di gente ubriaca, di bar aperti fino a notte fonda, di fontane e mimi travestiti da Dante Alighieri e osterie e cibo e canzoni e poesie, e la villa al mare, coi suoi giardini e le sue stanze piene di ricordi, il balcone delle angosce che univa le loro camere, I luoghi dello Spirito (la quarta parte del libro), tutto è legato a Oliver.
Sei l’unica persona a cui vorrei dire addio quando morirò, perché solo allora questa cosa che chiamo vita avrà un senso.
«Chiamami col tuo nome e io ti chiamerò col mio», gli dice Oliver, perché Oliver è Elio e Elio è Oliver, l’uno è la sostanza dell’altro, il cerchio che si chiude, l’inizio e la fine, una casa in cui tornare, il posto in una dimensione senza tempo, unica e irripetibile.

Sebbene il libro, soprattutto nella prima e seconda parte parte, non sia altro che un flusso ininterrotto di pensieri del protagonista, Elio, fatto spessissimo di elucubrazioni meticolose, a volte contorte, ragionamenti su comportamenti che non ha tenuto e pentimenti su ciò che, invece, ha effettivamente fatto, non ho provato alcun senso di fastidio che di solito mi prende quando un personaggio non fa altro che rimuginare su ciò che gli capita o ciò che non gli succede.

Sono entrata nella testa di Elio, sono finita nella sua casa, ho parlato con suo padre (ah, la scena del suo discorso con Elio e le parole che egli gli rivolge rimarranno per sempre scolpite nella mia memoria per quanto le ho trovate così vere e confacenti al mio modo di intendere la vita), ho visto Mafalda sfaccendare in cucina, Chiara flirtare con Oliver, Marzia innamorarsi di Elio, ho vissuto negli anni ottanta come una diciassettenne dell’epoca, sentito il sole sulla pelle e respirato l’aria di cultura che ammantava quella villa al mare.
E ho amato Oliver come l’ha amato Elio.

Questa non è una semplice storia d’amore, non è solo la storia di Elio e Oliver. In realtà è la storia di una vita che avrebbe anche potuto essere la nostra, quando qualcuno o qualcosa te la sconvolge e dopo non sei più lo stesso, quando impari che non provare niente per non rischiare di provare qualcosa è sbagliato.

Il mio consiglio a questo punto è solo questo: leggete questo libro, non fermatevi al film.


8 commenti:

  1. Io adoro la parte di Roma, decisamente la mai preferita. La mia recensione arriva nel pomeriggio. Bellissima la tua come sempre, e brava, no spoiler! <3
    Le letture condivise sono sempre le migliori u.u

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    1. Anche io ho amato molto la parte di Roma, ma quella di cui avrei voluto parlare di più era la quarta e ultima parte. È stata quella, per me, la più significativa.
      Questo libro l'ho divorato. È stato come una droga. Mi sentivo come Elio quando vedeva Oliver. Sono contenta di averlo letto.

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  2. Ciao! Questo libro e questo film sono un po' il "tormentone" del momento... a questo punto la curiosità è alle stelle! Credo proprio che mi piaceranno entrambi :-)

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    1. Ciao, Silvia! Io ho letto prima il libro. Il film è molto ben fatto, ma per come è strutturato il libro (pensieri e pochi dialoghi), io ti consiglio di leggere prima il libro. Rivedrai ogni parola negli sguardi degli attori. Sono complementari libro e film.

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  3. Complimenti per la bellissima recensione.

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  4. Questa recensione è una delle più belle cose che io abbia mai letto.

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    1. E questo è uno dei complimenti più belli che mi abbiano mai fatto, ma è merito del libro. È bellissimo. Grazie di cuore.

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