Come ormai tutti avrete capito, lo staff di questo blog è innamorato di Virginia de Winter.
No, non ci paga per parlare di lei, non ci spedisce forme di caciotte o prosciutti interi. Semplicemente le vogliamo bene (e a Axel, a Bryce, a Elosie...).
Ultimamente la sciura de Winter si è lanciata in una serie di eventi aperti al pubblico, eppure ancora di foto sue ce ne sono pochissime. E adesso ho capito perché.
Alla notizia della data di Milano mi è partito un orgasmo cerebro-letterario assurdo, tanto da mandarmi in tilt nel bel mezzo del negozio, urlando che cascasse il mondo io quel sabato non mi sarei presentata al lavoro nemmeno sotto tortura. Perché Virginia sarebbe stata a Milano e LE.VA.TE.VE. tutti piuttosto di perderla avrei venduto un polmone (tanto conciati come sono...).
Già a inizio Febbraio avevo pianificato il viaggio su Google Maps, avevo scelto gli orari del treno, gli scambi con la metro e il tragitto più veloce. Naturalmente tutto stampato su carta e salvato sul telefono nel caso in cui uno dei due fosse sparito dal mio radar senza lasciare traccia.
Bene. Fast forward a Venerdì 17.
La sera prima mi sono messa davanti alla libreria, dove tutti i suoi romanzi sono in bella mostra, e ho cominciato a meditare su quale portare. Il primo, L'ordine della spada? L'ordine della chiave, o solo La spia del mare? Oppure, ulteriore alternativa, uno della serie Black Friars e poi La spia del mare?
Alla fine ho pensato ma quando mai la rivedrò? e li ho cacciati tutti in una borsa. Melius est abundare quam deficere.
Sabato 18 mi sono svegliata all'alba perché gli spurghi dovevano lavorare nel mio box, la tosse mi faceva staccare pezzi di bronchi ad ogni colpo e la nausea per i medicinali mi si era attaccata addosso. Insomma, stavo messa male. Stanca, nauseata, malata, debole e palliduccia, con un lieve mal di pancia e zero voglia di uscire di casa.
Mi sono fatta forza, mi sono restaurata la faccia, ho organizzato la borsa delle medicine e sono partita.
Cercherò di sorvolare sul viaggio della speranza, alle 15.25 sul treno pieno di gang e di ragazzini impazziti (e io a tremare in un angolo malata e ansiosa), o sul pezzo in metro con la borsa di libri che rimbalzava sulle caviglie della gente e su di me che non sapevo nemmeno che aspetto avesse la fermata di Piola. Oppure sul tragitto a piedi in strade che mai più rivedrò, senza negozi e senza gente, dove sono riuscita quasi ad ammazzarmi inciampando sul marciapiede e prendendo una storta che mi ha fatto perdere l'equilibrio e stramazzare come una pazza finché ho evitato per un pelo di rovinare a terra (orrore! schifo!), grazie al peso dei libri che, oscillando, hanno contrastato la mia caduta.
Insomma, saltiamo questo pezzo, e arriviamo davanti alla libreria. Ma le cose non migliorano.
Sono le 16.25 e io sono sudata da strizzare. Sole a picco, caldo mortale, gente davanti all'ingresso.
WAIT WHAT? GENTE DAVANTI ALL'INGRESSO?
Ragazzi, credetemi, c'era già gente fuori (non tante, ad onor del vero) e quando sono arrivata io la signora della libreria ci stava già guardando mezza impaurita. L'ho sentita dire c'è gente dalle 15.30, stanno leggendo per occupare il tempo, e io così:
Dopo pochi minuti arrivano altre persone e capisco che una di quelle teste è lei, Virginia. E noi tutte così:
A quel punto ci guardiamo in faccia e pensiamo tutte: perché non ci fanno entrare?
Quando Virginia e il suo entourage entrano nella libreria, e noi dopo di loro, capisco perché la signora ci contava sul marciapiede, tra poco vi spiego.
Insomma, sull'ingresso Virginia si mette in un angolo e saluta noi povere ansiose una ad una finché la coda - la coda, tenete a mente - si ferma e io sono proprio lì davanti a lei.
Allora penso. Caxxo, cosa faccio? Lascio che l'ansia mi blocchi oppure vaffancubo le salto addosso?
Beh, lei mi guarda e giuro di aver visto la nuvoletta con dentro perché mi fissa questa matta? e allora le dico senti io ti saluto adesso, sono Miraphora.
Gente, ci abbracciamo. Virginia borbotta qualcosa ma io la capisco perché:
1. ho caldo da morire e sto per collassare
2. ho i capelli miei e suoi che mi otturano l'orecchio
3. sono talmente in ansia che potrebbe anche dirmi mortacci tua e io neanche me ne accorgerei
Dopo questi pochi secondi la fila scorre e pure io seguo la corrente.
Ora, io sono stata a tante presentazioni (e ne faccio pure nel mio negozio) ma ad una così non sono mai stata. Prima di tutto la scala a chiocciola (io ho il terrore delle scale a chiocciola, il TERRORE) portava ad una sala interrata, e poi davanti a me avevo un bambino che giocava con gli scalini mentre io cercavo di non cadergli addosso perché tra il caldo, il peso dei libri e i maledetti scalini microscopici ero al limite della sopportazione. Seconda cosa, la sala era già piena.
Capitemi, non c'erano più posti a sedere. Zero. Io e le altre persone ci guardiamo in faccia e poi ci guardiamo attorno e no, zero posti. Zero.
Dopo pochi minuti arriva un'altra ondata di persone, tra cui Clary, Silvy e Chiara le uniche che ragazze che conoscevo e con le quali avrei dovuto sedermi e la signora della libreria, dopo un po' di ravanare nello sgabuzzino, procura sedie e sgabelli e ci ritroviamo schiacciate nel fondo della saletta, lontanissime dal tavolo della presentazione, con la scala che nascondeva metà della visuale e l'altra metà completamente ostruita dalle persone rimaste in piedi.
Nel nostro angolino - con la mia solita sfiga - ci sono VECCHIE A CASO che si sono intrufolate senza sapere che romanzo avrebbero presentato, senza avere idea di chi fosse Virginia e CHE SI SONO LAMENTATE PER TUTTO IL TEMPO perché non vedevano e non sentivano.
Ora, per carità, ognuno può fare quello che vuole e le presentazioni sono aperte a tutti, ma santo dio è possibile che io sia PERSEGUITATA dai vecchi e me li ritrovi a rompere le palle sempre, qualsiasi cosa io faccia? Ma soprattutto, se non te ne frega un beneamato caxxo perché non ti levi di torno e lasci spazio a chi è rimasto fuori dalla saletta?
Perché sì, c'era gente che non è riuscita ad entrare ed è rimasta fuori in attesa della fine della presentazione per farsi almeno firmare il libro.
Delle domande fatte a Virginia ho sentito pochissimo, ma almeno la gente ha avuto il buon senso di stare in silenzio così qualcosa arrivava anche al fondo.
Virginia è simpatica ma soprattutto parla con passione, e le sue risposte sono consistenti, ricche, argomentate, con aneddoti divertenti. Purtroppo in quel punto ho solo potuto studiare la reazione delle persone alle risposte di Virginia e mi sono resa conto che tutti pendevamo dalle sue labbra. Il range d'età era vastissimo (avevo alle spalle una signora di circa 60 anni e due ragazzine giovanissime) così come gli evidenti interessi: dalla ballerina della Scala (oddio, alle sette ho lezione e se non mi presento mi uccidono ma io voglio che mi firmi il libro!) alla signora normalissima. Insomma, Virginia ha richiamato un gruppo di persone estremamente eterogeneo e appassionato, e ha saputo soddisfare ognuno di noi con le sue risposte e la sua simpatia (vi dico solo che è entrata nella sala con una bottiglia di prosecco in mano).
La coda per farsi firmare i libri, che ve lo dico a fare, è stata una prova di pazienza e di forza.
A presentazione finita le persone rimaste fuori si sono riversate dentro spingendo finché non ci si muoveva più, e per oltre 40 minuti siamo rimaste nello stesso punto perché nessuno usciva dalla stanza e tutti rimanevano davanti per parlare con Virginia.
Quando è toccato a me ormai non mi sentivo più il braccio e la temperatura era a livello Tropici.
Arrivata davanti al tavolo ho detto bene, adesso me li firmi tutti, lasciando a bocca aperta pure la relatrice che non credeva ai suoi occhi (evidentemente non pensava che sarei sopravvissuta al peso, e invece...) e le persone dietro di me mi hanno lanciato delle maledizioni perché ci avrebbe messo di più, ma hey! e quando mi ricapita?
Ne è valsa la pena di essermi slogata la spalla, di aver sudato come una pazza e aver sopportato delle vecchie tremende, perché alla fine ho sbaciucchiato Virginia, ho scambiato due parole con lei anche se per pochi minuti e ho tutti i romanzi firmati. Non ho una foto con lei, però, nella fretta di liberare la coda mi è proprio scappato di mente e un po' mi dispiace, ma sarà per la prossima volta.
Per chiudere questo post assurdo condividerò con voi le mie dediche, anche se per un attimo mi è venuto un attacco di gelosia. Tra tutti i romanzi che ho fatto firmare nel corso degli anni, nemmeno uno ha una dedica che non sia in qualche modo preconfezionata, ma adesso che ne ho uno che ne riporta una MIA, solo mia, allo stesso tempo voglio che tutti la vedano e che nessuno la legga.
Abbiate pazienza, la gelosia è una brutta cosa, ma alla fine la voglia di vantarmene ha vinto.
Quindi ecco qui, invidiatemi, piangete e disperatevi, perché io ho TUTTI i libri autografati e voi no (o forse sì, in quel caso buon per voi), però un po' siate felici per me.
Ps: Virginia ti lovvo.
La spia del mare
Fuori uno nel senso che era il primo della pila... |
L'ordine della spada
Questa dedica è MIA MIA MIA MIAAAAAAAAAAA |
L'ordine della chiave
Intenditrice. |
L'ordine della penna
Così dice sorella de Winter... |
L'ordine della croce
A questo punto aveva finito le idee, ma se Virginia dice che sono una dolce farfalla allora deve essere vero. |
Finisco il post dicendo che ho rischiato di perdere la mia fermata di casa perché ero troppo occupata a guardare le mie dediche come Gollum guarda il suo tessoro. Just sayin'.
ihihihihih mi sembrava di essere lì con te! Comunque invidia allo stato puro, sappilo!
RispondiEliminaSei stata grande.
RispondiEliminaAnch'io voglio le dediche!
Anch'io, come Chiara, leggendo questo post ho avuto l'impressione di essere presente! ♥ Emozioneeeeeeeeeeee! *__*
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