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giovedì 26 ottobre 2017

Recensione Signore delle Ombre di Cassandra Clare

Titolo: Signore delle Ombre
Autrice: Cassandra Clare
Serie: The Dark Artifices # 2
Pagine: 720
Editore: Mondadori
Data uscita: 19 settembre 2017
Genere: Fantasy, YA

Trama: Onore, senso del dovere, rispetto della parola data: questi sono i principi che guidano l'esistenza di ogni Shadowhunter. Oltre alla certezza che non esista un legame più sacro di quello che unisce due parabatai, compagni di battaglia destinati a combattere e a soffrire insieme. Un legame che mai e poi mai - questo dice la Legge - dovrà trasformarsi in amore.
Emma Carstairs sa bene che il sentimento che la unisce al suo parabatai, Julian Black­thorn, è proibito e che proprio per questo potrebbe distruggere entrambi. Sa anche che, per non rischiare la loro vita, dovrebbe scappare il più lontano possibile da lui. Ma come può farlo, proprio ora che i Blackthorn sono minacciati da nemici provenienti da ogni dove?
L'unica loro speranza sembra racchiusa nel Volume Nero dei Morti, un libro di incantesimi straordinariamente potente su cui tutti vogliono mettere le mani. Per questo, dopo aver stretto un patto con la Regina Seelie, Emma, la sua migliore amica Cristina, Mark e Julian Blackthorn partono alla ricerca del libro, affrontando mille insidie, imbattendosi in potenti nemici ben consapevoli che nulla è ciò che sembra e nessuna promessa è degna di fiducia.
Nel frattempo, a Los Angeles, la tensione crescente tra Shadowhunter e Nascosti ha rafforzato la Coorte, la potente fazione interna al Consiglio strenua sostenitrice della Pace Fredda e disposta a tutto pur di impossessarsi dell'Istituto.
Ben presto però un'altra, nuova minaccia si fa avanti, sotto le spoglie del Signore delle Ombre - il Re della Corte Unseelie -, che spedisce i propri guerrieri migliori sulle tracce dei Blackthorn e del libro. Con il pericolo ormai alle porte, Julian concepisce un piano rischioso che prevede la collaborazione con un personaggio imprevedibile. Ma per ottenere la vittoria finale sarà necessario pagare un prezzo che lui ed Emma non possono nemmeno immaginare, e che avrà ripercussioni su tutti coloro e tutto ciò che hanno di più caro al mondo.

Recensione di Alexandria:

Esattamente dieci anni fa, prendevo in mano per la prima volta Città di Ossa, il primo libro della saga di Shadowhunters di Cassandra Clare. Dieci lunghi anni e sono ancora qui, con un altro libro della saga, non più TMI ma TDA, non più con i Lightwood e Jace e Clary come protagonisti, ma i Blackthorn e Emma Carstairs, ancora impegnati a risolvere questioni con il popolo dei Nascosti e ad affrontare il Conclave, il silente perenne vero nemico di tutti questi romanzi.

Da quello che ho appena scritto, credo che si intuisca che io e la Clare abbiamo una lunga storia di conoscenza, dal momento che ho iniziato a leggerla appena pubblicata in Italia e non per moda o per i film e i telefilm (osceni) che sono stati tratti dai suoi libri.
Tutta questa premessa è solo per ribadire quanto io ami gli Shadowhunters, il mondo che la Clare ha creato, i Nascosti, le Fate, i Nephilim, il legame di Parabatai, la Città Silente, Idris e Alicante, gli Stegoni e i Vampiri. Ho letto tutto quello che su questo mondo Cassie ha scritto, libri su libri, novelle su novelle.

Però… c’è un enorme però: che fatica enorme ho fatto a leggere questo libro!
Per l’Angelo, ci ho impiegato un mese! IO! Credo di non aver mai impiegato così tanto tempo a leggere un libro in vita mia! Ma attenzione, non state per leggere una recensione negativa di Signore delle Ombre, tuttavia devo sottolineare che solo grazie al mio immenso amore per la Clare ho avuto la forza di finirlo.
Appena ho iniziato la lettura ho avuto una sensazione davvero meravigliosa. Ritrovarmi in mezzo ai Blackthorn e anche a vecchie conoscenze fin dalle prime pagine (Jace e Clary, per intenderci) e Magnus e Alec in seguito, è stato come ritrovarmi a casa. Credo che si possa definire come il sentimento che prova ogni Shadowhunter quando fa ritorno a Idris: vieni pervaso da un forte senso di appartenenza e di conoscenza, perché tutto ti è familiare, le persone e i luoghi, i nomi e i vincoli che legano i personaggi, le storie presenti e passate, che conosci perché anche tu, avendole lette, ormai ne fai parte e ti ci senti dentro fino al collo.

Questa gioia che mi sentivo scorrere dentro è stata dolorosamente abbattuta dall’indicatore delle pagine del mio kindle: capitoli lunghissimi, enormi, infiniti, estenuanti.
Se considerate che il libro entra nel vivo al 75%, potete immaginare la pesantezza di questi capitoli così lunghi per una come me che ha una vera e propria avversione per i capitoli interminabili, che io reputo inumani. Sono maniaca, lo riconosco. Quando inizio un capitolo io devo poterlo finire. Ma siccome leggo appena posso, va da sé che non posso iniziare un capitolo di 127 pagine Kindle (O.O) sperando di finirlo in mezz’ora.
Ecco spiegato l’arcano motivo per cui ho impiegato così tanto a leggere LoS.

Nell’ambito dello stesso capitolo, inoltre, la Clare si è messa a cambiare PoV e ambientazione, passando, per dire, dall’Istituto in cui i protagonisti sono i gemelli Ty e Livvy insieme a Kit, al Regno delle Fate con Mark, Emma e compagnia bella, per finire con altri personaggi e altri scenari. Per ogni capitolo avrebbe potuto farne tre. Credo che il libro avrebbe avuto lo stesso costo, non mi risulta che si paghi a seconda del numero dei capitoli.

Posso spiegarmi questo cambio di stile della Clare solo con il fatto che LoS sia, a mio avviso, il più corale dei libri della Saga fino a ora. I personaggi sono davvero tanti: i Blackthorn, ma anche tutti gli altri con cui devono avere a che fare, e non tutti insieme, ma un gruppo per volta.

Se, infatti, la trama di Signore delle Ombre è piuttosto semplice, ovvero la ricerca infinita del famigerato Volume Nero dei Morti, l’intrecciarsi degli eventi e delle relazioni tra tutti i personaggi fino all’exploit dell’ultimo capitolo costituisce il vero libro. Si può dire che tutti quei capitoli estenuanti siano in funzione dell’ultimo che è, fatevelo dire, il più movimentato e il più doloroso di tutti (per chi, ovviamente, possiede un cuore capace ancora di sanguinare. Il mio è bello che prosciugato).
Perché, diciamocelo, che ci dovesse scappare il morto lo si sapeva, non era questione di se, ma solo di chi. Ovviamente, dovete leggere per sapere. Io ho la bocca cucita.

Essendo per me questo un libro essenzialmente corale, ho deciso di parlare più dei personaggi che dei fatti in sé, ma sappiate che io sono piuttosto critica con i personaggi femminili della Clare. Non li amo particolarmente (vi risparmio gli epiteti che uso per definire Tessa e Clary), mentre, invece, adoro quasi tutti quelli maschili (Alec a parte).
Quindi, togliamoci il dente e partiamo proprio dalla cosiddetta protagonista, ovvero Emma Carstairs.

Emma
Sciatta. Piatta. Insipida. Altri sinonimi ne abbiamo?
Quando ho chiuso Signora della Mezzanotte, l’idea del formidabile triangolo che pregustavo tra Emma e Mark e Julian mi ha messo davvero molta eccitazione addosso, ansia di sapere come la Clare avrebbe reso questo rapporto a tre. Risposta non pervenuta. Non lo ha proprio considerato, passando direttamente a un altro triangolo con altri protagonisti. Forse i triangoli non sono il forte della Clare (sì, ho in mente Jem Tessa e Will e ancora impreco).

L’idea di lasciare Julian per Mark doveva servire a colpire al cuore Julian, perché solo Mark avrebbe potuto convincerlo a rinunciare a lei. Peccato che tra Mark e Emma non ci sia proprio passione, manco finta. Jules, così perspicace e acuto, in questo caso è stato davvero cieco. Beh, ha l’attenuante dell’amore che obnubila sempre i sensi. Vabbè. Emma ama Jules. Che cosa dolce. Io volevo il sangue. Nada.
«Dimmelo» le disse lui a un tratto.
«Dimmi che lui ti rende felice. Che Mark ti rende felice.»Emma alzò la testa di scatto. Aveva finito le rune, e lui le tolse lo stilo dalla mano immobile. Per la prima volta dopo quella che le era sembrata un’eternità, Julian la stava guardando in faccia, con gli occhi resi blu scuro dai colori notturni del cielo e dell’oceano, una distesa immensa attorno a loro mentre stavano per raggiungere il punto più alto del giro.

«Sono felice, Jules» gli rispose. Cos’era una bugia, in mezzo a tante altre? Non era mai stata brava a raccontarle, però stava imparando. Aveva scoperto che, quando c’era di mezzo l’incolumità delle persone a cui voleva bene, era in grado di mentire.
Emma sarebbe la Shadowhunters più in gamba della sua generazione, la Jace in gonnella, ma forse solo con Cortana in mano, perché di Jace ha solo i capelli biondi naturali.
Non è incisiva, non lascia il segno, serve in battaglia e se pensasse di più prima di agire, avrei trovato in lei almeno un pregio.

Julian
Oh, ne ho da dire cose su di lui. Julian ha solo una cosa in mente: la sua famiglia, tenerla unita, tenerla al sicuro, difenderla da tutto e tutti, anche dagli altri Shadowhunters.
È uno che cela i suoi sentimenti e le sue emozioni, finge tranquillità anche quando la tempesta lo divora, è il pilastro dei suoi fratelli, il padre e la madre che non hanno più, è la forza di Emma, la brace sotto la cenere, la passione vestita di calma. Anche quando guarda Emma vorrebbe solo prenderla tra le braccia e amarla, in tutti i sensi.
Dove tutti vedono buio, lui vede la luce della soluzione a un problema impossibile da risolvere, riesce a trasformare le situazioni più disperate in eventi da sfruttare a suo vantaggio, è fascinoso e incantevole, spietato e crudele.
Non spicca per simpatia o sarcasmo, ma farebbe la sua bella figura tra le fate. Capace di ingannare e farti credere che ti ama, capace di pugnalarti mentre ti sorride amorevolmente.
E il suo amore per Emma fa ribollire il sangue nelle vene.
«Non può durare» gli disse, fissandolo, perché come poteva durare senza la possibilità di conservare ciò che avevano? «Ci spezzerà il cuore.»
Lui la prese per il polso, le portò la mano sul petto nudo. Le allargò le dita sopra il cuore. Lei lo sentì battere sotto il palmo, come un pugno che si faceva strada attraverso lo sterno. «Spezzamelo» le ordinò. «Fallo a pezzi. Ti do il permesso.»
L’azzurro dei suoi occhi era quasi scomparso dietro i bordi dilatati delle pupille.
Quella volta, in spiaggia, non sapeva cosa sarebbe successo. Come sarebbe stato tra loro. Adesso invece sì. C’erano cose, nella vita, che non si potevano rifiutare. Nessuno aveva tanta forza di volontà.
Nessuno.
Anche se nella mia lista di personaggi ambigui e seducenti Julian non è al primo posto (quello è in modo indiscusso di Laurent, il Principe di Vere), sicuramente è nella top five.

Mark
Ah, le fate. LE FATE. Voi non sapete quanto io ami le fate. No, non quelle della Disney (bleah, che è quella roba?), ma le fate della tradizione celtica, quelle della Corte Seelie e quelle della Corte Unseelie. E più sono cattive più io le amo.
Mark è per metà fata e per metà Shadowhunter. Lo amo? Di più. Per la sua doppia natura, per il suo coraggio, per la sua mente e per il suo cuore, per quello che significa la Caccia Selvaggia per lui, per quello che prova per Kieran, per quello che sente per Cristina.
Mark uscì dall’acqua sollevando schizzi e infilò i piedi bagnati negli stivali. Né lui né Cristina erano completamente coperti dall’incantesimo, ed Emma notò le occhiate che i passanti mondani lanciavano a Mark mentre lui le andava incontro. Lo fissavano perché era alto, bello, con due occhi che brillavano più delle luci sulla ruota panoramica. E perché uno di quegli occhi era azzurro, e l’altro oro.
Non solo: in lui c’era un che di strano, di indefinito, una traccia della natura selvaggia propria del Regno delle Fate che a Emma ricordava immancabilmente spazi aperti, sconfinati, libertà e anarchia. Sembrava che il suo sguardo dicesse: Sono un ragazzo perduto. Trovami.
Ma non è Emma a trovare Mark. In bilico, tra i sentimenti antichi per Kieran, colui che l’ha tradito ma che l’ha anche salvato, la sua ancora di salvezza nella Caccia, il Principe che si è degnato di rivolgere le sue attenzioni verso di lui che era meno di niente, uno sporco e insignificante Shadowhunter mezza fata, e quello che Cristina è diventata per lui, facendosi largo con la gentilezza nel suo cuore insicuro, fino a legarsi a lei come per magia, letteralmente, Mark è presente nella storia tanto quanto suo fratello Julian. E tanto quanto lui mi affascina e mi rapisce.

Ed eccoci all’altro triangolo messo in campo dalla Clare. Onestamente io tifo per Kieran. Primo perché tra quei due c’è parecchia passione (sì, Mark uke rende molto di più che Mark seme, ma questa è opinione mia), secondo, perché non posso preferire Cristina a Kieran, mai nella vita!
Gli tornò in mente la collina di un paese verdeggiante, un tumulo umido di rocce, loro due che si rotolavano giù insieme. Le mani di lui fra i capelli e sul corpo quando nessuno lo toccava più da molto tempo. Aveva sentito il fuoco e il gelo. Rabbrividì anche adesso. Cos’era Kieran per lui? Cos’era lui per Kieran? Cosa erano mai stati l’uno per l’altro?
Kieran
Ammetto che in Signora della Mezzanotte non mi stava molto simpatico, ma in LoS ho imparato a conoscere questo Principe della Corte Unseelie, figlio di un re che è molto simile a un mostro, sia nel cuore che nelle fattezze.
Kieran ha sofferto molto e forse, memore di questa sofferenza, ha fatto sua quella che Mark provava nella Caccia. È innamorato di lui, in un modo che lo ha portato ad agire sconsideratamente. È pieno di passione, Kieran, schietto come tutte le fate che non possono mentire. E per amore di Mark potrebbe anche sopportare quello che una fata non sopporterebbe mai: le menzogne degli umani.
«Non sei un mostro, Kieran» lo interruppe. «Non c’è niente che non vada nel tuo cuore.» C’era solo dolore dentro agli occhi di Kieran, mentre guardavano Mark dalla breve distanza che li separava. «Non può essere vero. Perché il mio cuore eri tu.»
Cristina
Sebbene al di fuori della famiglia Blackthorn, Cristina è finita per diventarne parte integrante. Migliore amica di Emma, si dimostra una valida alleata nelle battaglie che Julian e gli altri sono costretti ad intraprendere, dando prova di grande lealtà e dedizione. La sua passione per l’universo delle fate la rende il perfetto anello di congiunzione tra Mark e il mondo degli Shadowhunters, a cui lui sta cercando di riabituarsi, dopo anni passati nella Caccia Selvaggia.
È chiaro, quindi, come Mark senta attrazione per lei, e come lo stesso Kieran non possa fare a meno di gravitarle intorno. Buona e gentile fino al midollo, quando leggo di lei mi sento il miele che mi scorre addosso. Ecco perché nemmeno Cristina gode della mia approvazione. Figuratevi se devo pensare che Mark potrebbe pure stare con lei!
Kieran puntò su di lei due occhi perplessi. Poi si avvicinò a Mark, e gli mise le mani sulle spalle. Erano quasi della stessa altezza. Mark non distolse lo sguardo. «C’è solo un modo per scoprire se stai mentendo» disse. E gli diede un bacio sulla bocca. [...] Si divisero di colpo. Kieran si portò una mano alla bocca: aveva del sangue sul labbro, e un trionfo ardente negli occhi. «Non hai distolto lo sguardo» disse, rivolto a lei. «È stato così interessante?»
«Dovevo essere io la spettatrice.» Si sentiva strana, calda e scossa da brividi, ma si rifiutava di darlo a vedere. Seduta con le mani in grembo, rivolse a Kieran un sorriso. «Mi sarebbe sembrato scortese non assistere.»

A quella battuta, Mark, che prima sembrava furibondo, scoppiò a ridere. «Ti ha già capito, Kier.»
Kit
L’Herondale che non voleva esserlo. Kit è una versione più giovane di Jace, sia nell’aspetto fisico che nell’indole. Ribelle, testardo, dalla risposta pronta, profondo osservatore di ciò che lo circonda, diffidente verso tutto e tutti, degno figlio di un padre che per vivere faceva il ladro e il truffatore.
Kit all’inizio è davvero un pesce fuor d’acqua, non vuole essere uno shadowhunter, non vuole vivere coi Blackthorn.
Il suo incontro con Jace è una delle parti del libro che mi è piaciuta di più. È stato divertente vedere due Herondale a confronto.
 «Io qui non c’entro nulla. Potete raccontarmi tutto quello che vi pare sul mio cognome, ma per me non significa niente. Io sono il figlio di Johnny Rook. È tutta la vita che cerco di diventare come lui, non come voi. Io di voi non ho bisogno. Di nessuno.»[…]
«Sei un Herondale. Cosa che, a proposito, non significa solo appartenere a una famiglia che si contraddistingue per la bellezza mozzafiato, ma anche per avere un sacco di proprietà di valore, tra cui una grande casa signorile a Londra e una tenuta a Idris, di cui probabilmente una parte è anche tua. Dico giusto per dire, nel caso dovesse interessarti.»

Kit guardò l’anello alla mano sinistra di Jace. Era d’argento, pesante, e aveva l’aria antica. Oltre che preziosa. «Ti sto ascoltando.»

«Ti chiedo solo di provare per una settimana. Dopotutto…» Jace fece un gran sorriso «gli Herondale non sanno resistere a una sfida.»
Sebbene questo incontro abbia significato tanto per Kit, io penso che il vero motivo per cui lui abbia deciso di rimanere sia stato un ragazzo che dormiva davanti alla porta della sua camera, mezzo seduto e con il mento sulla mano, con un libro aperto sul pavimento. Io credo che il vero motivo per cui Kit sia rimasto con gli Shadowhunters sia Ty.
In questa situazione ho rivisto il giovane Jace, all’epoca Wayland, arrivato a NY da Idris e finito senza molti complimenti tra Alec e Isabelle. Quella volta, fu Alec che si innamorò di quel ragazzo che non sapeva di poter amare ed essere amato, adesso credo che sia Kit a essersi iNnamorato di Ty.
C’era qualcosa, nel fatto di essere il punto focale dello sguardo di Tiberius, di spaventoso ed elettrizzante al tempo stesso. […]
Ty immobile e inespressivo possedeva un’intensità da cui Kit era affascinato; Ty sorridente era semplicemente straordinario.
Io li shippo. Totalmente e terribilmente.

Livvy
Non ho molto da dire su di lei. Molto protettiva verso Ty, è anche merito suo se Kit è riuscito ad ambientarsi nell’Istituto. All’inizio non ho capito come si poteva collocare tra Kit e Ty, ma poi la Clare mi ha tolto da ogni impiccio. Insieme a Dru e Diana, è il personaggio femminile che mi è piaciuto di più.
«Hai visto che faccia avevano quei Centurioni?» disse mentre svoltavano attorno all’imponente versante dell’edificio. Indossava un paio di stivali e degli short di jeans che le mettevano in risalto le gambe lunghe e abbronzate. Kit cercava di fingere che non le stesse guardando.«Non penso abbiano apprezzato quello che hai detto sul fatto di lavarsi da soli gli asciugamani» osservò Ty. «Forse avrei dovuto disegnare una mappa per aiutarli a trovare il detersivo… Sai com’è, visto che a loro piacciono tanto.» Kit rise. Livvy lo guardò, mezza insospettita. «Che c’è?»
Ty, Dru e Diana
Parlerò insieme di questi personaggi per un semplice motivo. Al di là della storia, credo che essi rappresentino qualcosa per i lettori, così come all’epoca fu importante trovarsi davanti Alec, bello, aitante e con occhi blu mozzafiato, parabatai del protagonista, personaggio di spicco, assolutamente gay e alle prese con il suo coming out.
Quanti furono i ragazzi che si misero nei panni di Alec? In quanti trovarono il coraggio di parlare di come si sentivano? In quanti capirono che non c’era niente di male nell’essere come erano grazie a un semplice libro YA?

Ty

Ty è patologicamente autistico e per parlare di lui userò direttamente le parole della Clare. Non c’è niente che spieghi meglio ciò che sia Ty e quello che significhi essere come lui.
Posò il bicchiere d’acqua. Ty glielo prese all’istante e iniziò a rigirarselo fra le mani. Era fatto di vetro bianco, ruvido fuori, e sembrava che quella superficie gli piacesse.
Non parlava e, in quel silenzio, Kit ripensò alle sue cuffie, alla musica dentro le sue orecchie, alle parole sussurrate, al modo in cui toccava le cose con concentrazione totale: sassi lisci, vetro ruvido, seta, pelle e lino grezzo. Sapeva che al mondo c’erano persone convinte che gli esseri umani come Ty facessero quelle cose senza motivo. Perché erano inspiegabili. Guasti.
Si sentì travolgere da un’ondata di rabbia. Come facevano a non capire che tutto quello che faceva Ty aveva un motivo? Se la sirena di un’ambulanza ti stordiva le orecchie, te le coprivi. Se qualcosa ti colpiva, ti piegavi in due per proteggerti.
Non tutti, però, udivano e percepivano alla stessa maniera. Ty sentiva tutto a volume e velocità doppia di chiunque altro. Aveva l’impressione che le sue cuffie fossero una sorta di tampone: attutivano non solo i rumori, ma anche sentimenti che altrimenti sarebbero stati troppo violenti. Lo proteggevano dal dolore.
Non poté fare a meno di chiedersi come dovesse essere vivere tanto intensamente, sentire così tanto le cose, trovarsi in un mondo che oscillava dentro e fuori colori troppo intensi e rumori troppo forti.

Dru.
Oltre a essere la perenne baby sitter di Tavvy, lei è... in carne. È una ragazza formosa a cui sono soliti dare della grassona, dal momento che gli Shadowhunters sono decisamente tutti dei figurini. La verità è che il suo corpo è un esempio, perché anche Dru è una Shadowhunter, e, come dice Julian, è il cuore dei Blackthorn ed è quello che conta, oltre al fatto che nella storia, secondo me, ci darà grandissime soddisfazioni. Faccio solo un nome: Ash.
Si guardò il corpo tondeggiante e trasse un sospiro. Non era mai stata magra, a differenza della maggior parte degli Shadowhunters – allenarsi per circa quattordici ore al giorno tendeva a produrre quell’effetto. Lei aveva sempre avuto un fisico pieno e curvilineo, a prescindere da quello che faceva. Era forte, aveva i muscoli, il suo corpo era agile e allenato, però aveva anche quei fianchi, quel seno, quella morbidezza. Lei si era rassegnata ma, a quanto pareva, le prozie Marjorie del mondo purtroppo no.
Dirò qualcosa su Diana che è assolutamente spoiler, per cui chi è arrivato qui può decidere di fermarsi o continuare a leggere.
La sua storia è come quella di Alec, un esempio che possa far sentire accettato chi si trova nella stessa situazione di Diana, ovvero quella di essere transgender.
«Sono una donna» gli rispose lei. «Lo sono sempre stata. Ho sempre saputo di esserlo a prescindere da quello che i Fratelli Silenti dicevano ai miei genitori, a prescindere dalla contraddizione del mio corpo. Anche mia sorella, Aria, lo sapeva. Diceva che lo aveva capito dal primo istante in cui ho iniziato a parlare. Ma i miei genitori…» Si interruppe. «Non erano cattivi, però non erano a conoscenza delle possibilità. Mi dicevano che in casa potevo comportarmi come me stessa, ma che in pubblico dovevo essere David. Essere il ragazzo che sapevo di non essere. Evitare il radar del Conclave. Sapevo che avrebbe significato vivere nella menzogna, ma era un segreto che conservavamo noi quattro. Ogni anno, però, la mia disperazione devastante cresceva. Evitavo il contatto con gli altri Shadowhunters della mia età. In ogni momento, da sveglia e da addormentata, mi sentivo angosciata e a disagio, e temevo che non sarei mai stata felice.
Non oso parlare di tutti gli altri personaggi, Diego il Perfetto, Zara Dearborn e il marcio del Conclave che si porta dietro, dovrei aprire una parentesi infinita solo per loro e per ciò che essi rappresentano nel libro e fuori dal libro.

Tirando le somme, credo che questo sia un libro di mezzo di nome e di fatto e che nell’ultimo capitolo sia avvenuto ciò che rende questa trilogia ciò che è: oscura.


N.B. Credits Immagini: Cassandra Jean; AEGISDEA.

2 commenti:

  1. Vabbè, io te l'ho già detto su Facebook quello che penso di questo libro xD

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    Risposte
    1. E' stata davvero una discussione molto interessante e mi è piaciuta farla con te e con chi è intervenuto.
      Non la pensiamo in modo tanto diverso, alla fine. Aspettiamo il terzo malloppone (speriamo fatto di capitoli più umani, questa volta!)

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