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martedì 5 settembre 2017

Recensione Regalami una stella di Katie Khan


Titolo: Regalami una stella
Titolo originale: Hold back the stars
Autore: Katie Khan
Genere: Sci-fi, Distopico, Romance
Editore: Newton Compton Editori
Data uscita: 31 Agosto 2017
Livello sensualità: Medio
Serie: no, autoconclusivo

Trama: Allontanatisi dalla loro astronave e ormai fluttuanti nello spazio, Carys e Max si rendono conto che non riusciranno più a raggiungerla. Con sé non hanno niente che possa salvarli. Hanno solo novanta minuti d’aria a disposizione. Carys e Max non avrebbero mai dovuto innamorarsi. Le regole del mondo da cui provengono non lo permettono. Eppure, quando ha incontrato Carys, Max ha sovvertito quelle regole. Pur sapendo che sarebbe stato impossibile rimanere insieme per tanto tempo. Che amarsi realmente non sarebbe stato loro concesso. Ora, alla deriva e senza più niente che li trattenga se non il reciproco contatto, non possono fare altro che ricordare. E allora, mentre i minuti scorrono inesorabili, nei loro pensieri rivive ogni istante della loro indimenticabile storia d’amore…

Recensione di Alexandria:
Finito di leggere Regalami una stella, avevo le idee molto chiare su questo libro e anche su che tipo di recensione io volessi scrivere. Però, prima di mettermi all’opera, ho pensato di fare un giro su GoodReads per vedere che ne avevano pensato gli altri lettori.
Così ho scoperto che le recensioni andavano dal massimo al minimo, chi elogiava e chi stroncava, senza mezze misure.
Mi sono accorta che chi elogiava era un tipico lettore di sci-fi e distopici, chi stroncava, invece, era un lettore di romance o, come mi hanno fatto notare, SOLO di romance, rimasto deluso dal poco spazio riservato alla storia d’amore nel libro. In realtà, io credo che sia rimasto deluso del fatto che OLTRE alla storia d’amore, ci fosse una storia chiaramente distopica con un’ambientazione da sci-fi.

Regalami una stella (e no, in italiano il titolo non aiuta chi si aspetta un romance stellare), è uno sci-fi distopico su base romance, scritto in terza persona, doppio pov, presente e passato alternati, che comincia dalla fine e ripercorre la storia dei due protagonisti, Max e Carys.

Ho voluto spiattellare le caratteristiche del libro così, violentemente, proprio per mettere in chiaro che non si tratta di un romance, o per lo meno non è solo quello, così che chi si aspetta la recensione di una storia d’amore convenzionale (per quanto possa esserlo se i due protagonisti si trovano a fluttuare nello spazio per la maggior parte del tempo), ha capito che non è questo il caso.

Il libro si apre con un bel disastro: i due protagonisti sono in caduta libera nello spazio. Roteando, si allontanano sempre più dalla loro navicella, impossibilitati a ritornarvi perché uno dei due, Max, ha scordato di portarsi dietro il propellente. Un incidente che potrebbe costare loro la vita e che si aggrava quando i due scoprono che la loro scorta di ossigeno è limitata.
Novanta minuti
Ottantasette minuti
Ottanta minuti
Settantacinque minuti
Settanta minuti
Sessanta minuti
Cinquantadue minuti
Quarantacinque minuti
Trenta minuti
Quindici minuti
Dieci minuti
Sei minuti
Questi sono i minuti che segna l’indicatore d’ossigeno degli zaini argentati di Carys e Max e sono anche alcuni dei titoli dei capitoli che si susseguono incessanti e implacabili, scandendo il tempo che rimane ai nostri due protagonisti. Vi ho messo ansia? Bene, era proprio mia intenzione farvi percepire la situazione disperata in cui ci troviamo.
«Ci restano solo novanta minuti d’aria».
Alla fine le sfugge un gemito, un breve sfogo che soffoca la sua parlantina rassicurante, la sua aria tranquilla, perché è così che lui reagisce al pericolo. Si distacca dal confronto, dallo stress, dalla sua travolgente emotività. Presto farà una battuta.
«Be’», dice, infatti, Max, «non so tu, ma io lascerò su MindShare una recensione molto negativa su questo viaggio spaziale».
«Stai zitto, Max», dice lei, anche se lui, come previsto, è riuscito a calmarla. «Non è il momento per il tuo pessimo senso dell’umorismo».
«Lo so». È tipico suo scherzare nei momenti peggiori: durante l’addestramento per astronauti, ai funerali, la prima volta che si sono incontrati.
«Che cosa facciamo?»
«Adesso ci calmiamo, ci riorganizziamo e poi ti salverò». Max sorride. «Come sempre».
Mentre Carys e Max si scervellano su come poter ritornare sul Laerte, avendo ben poco a disposizione se non il loro equipaggiamento, ossigeno compreso, i pensieri e i discorsi dei due vagano insieme ai loro corpi, ma mentre questi fluttuano nello spazio, gli altri ritornano sulla Terra, al giorno in cui si sono incontrati e ai successivi, ripercorrendo le tappe che hanno portato Max e Carys su una navicella spaziale ai confini della barriera degli asteroidi.

Ed ecco che la distopia in cui è completamente immerso il romanzo fa la sua comparsa.

Credo che valga la pena spiegare il world-building di questo libro che è uno dei più originali che io abbia mai visto (e io ne leggo tanti di distopici!)

Un giorno, la Terra era stata circondata da una cintura d’asteroidi.
Quando era arrivata, sulla Terra era scoppiato il panico: opere d’arte rinchiuse nei rifugi sotterranei; case della fede che predicavano l’apocalisse in tutte le sue forme, tirando fuori sermoni da ogni sistema di credenze della Storia, mentre cercavano di trarre insegnamenti e dare un senso a ciò che stava succedendo; [...]

Dopo duecento anni in cui i migliori scienziati avevano dichiarato che il nostro futuro stava sopra di noi, tra le stelle, e che la salvezza del genere umano era affidata all’esplorazione della vasta galassia, l’umanità, ancora una volta, era rimasta confinata sulla Terra. L’orologio era stato mandato indietro di due secoli, filosoficamente e tecnologicamente, da un anello di rocce.
Medio Oriente e America se le erano date di santa ragione, non risparmiando il territorio e la popolazione. Il conflitto nucleare tra queste due potenze era terminato con l’annientamento vicendevole. Adesso quei territori erano deserti ancora fumanti in cui la scarsa vita rimasta moriva.
Il resto del mondo dopo la comparsa degli asteroidi si era alleato: tranne la Cina, che comunque si era mantenuta amichevole, le nazioni si erano riunite sotto l’ideale di Europia, dividendo i territori in Voivodati in cui vigeva il sistema delle Rotazioni.

In pratica, i cittadini già da piccoli si spostavano nei vari Voivodati ogni tre anni per legge. Qui vivevano instaurando nuovi rapporti sociali e d’amicizia con altri cittadini provenienti a loro volta da altri Voivodati.
È molto più difficile dichiarare guerra o sganciare una bomba su un posto in cui hai vissuto per un periodo della tua vita, in cui magari hai ancora degli amici, o in cui potresti trovarti alla prossima Rotazione.
Oltre che dalla Rotazione, il sistema dei Voiodati era retto dall’ideale dell’Individualismo.
«In nome di chi agisci?»
«Non in nome di dio, né del re, né dalla patria», rispose il gruppo. «In nome di chi?» «Nel mio».
Tutto in mio nome, così dicono le regole. Nessuna identità nazionale, nessuna divisione religiosa, nessuna distrazione né relazione seria finché non ci siamo affermati.
E questo ci porta all’ultimo ideale su cui si basava la società europiistica: il Regolamento delle Coppie.
Europia stabilisce che l’età in cui un uomo e una donna possono considerarsi una coppia deve essere almeno di trentacinque anni.
Questo perché l’individualismo porta ad agire in nome di se stesso, non nel nome della propria ragazza, né del proprio ragazzo, né della propria famiglia e nemmeno dei propri figli. Ciascuno dei cittadini di Europia contribuisce al cammino verso l’utopia come individuo, fino al momento in cui l’età consente di pensare a sistemarsi e a farsi una famiglia. Individualismo significa libertà quando si è giovani, famiglia quando si è vecchi. La perfezione, l’utopia realizzata.

Quando Max incontra Carys, ha ventisei anni. Max è un credente e segue l’ideologia che gli è stata inculcata fin da piccolo, essendo anche la sua famiglia tra coloro che la fondarono.
Carys, invece, si è mantenuta fuori dalle Rotazioni finché ha potuto. Non è contraria all’ideologia ma nemmeno ne tesse le lodi. E, soprattutto, non la trova soddisfacente quando impone che la relazione tra lei e Max debba finire perché non ha l’età per stare con lui a causa del Regolamento di Coppie.
«Pensi ancora che siamo troppo giovani. Pensi ancora che i rapporti funzionino solo quando si è più avanti nell’età».
Lui annuì di nuovo.
«Pensi che le coppie mature siano genitori migliori».
Lui esitò, poi annuì una terza volta.
«In pratica, credi nell’individualismo», concluse. Lui fece una smorfia.
«Sono stato cresciuto così, Cari», disse Max, in tono disperato. «Mi hanno insegnato a credere a queste cose. È la mia fede».
«Non è la mia. So cosa provo per te ed ero pronta a dirlo al mondo intero. Ma tu non riesci nemmeno a dirlo ai tuoi genitori».
«Non capirebbero».
La relazione tra Carys e Max va avanti e scorre inesorabile come i minuti nel display degli zaini, là fuori nel buio dello spazio, illuminato dai puntini fermi delle stelle, la Terra tra di loro e il Laerte.
Le loro vite si sono srotolate nei loro ricordi e nei tentativi disperati di ritornare alla navicella, così come disperatamente Max voleva tornare con Carys dopo che l’aveva lasciata, così come Carys voleva che lui tornasse da lei nei giorni successivi al loro primo incontro.

Che cosa è successo a Carys e Max?

Ebbene, non ve lo dirò, ma vi sto avvertendo che nell’ultima parte della recensione parlerò di qualcosa che mi ha davvero colpito e che potrebbe rivelare più di quanto sia lecito fare, quindi leggete le mie ultime osservazioni che riguardano lo stile dell’autrice e le mie considerazioni sui personaggi, e poi saltate la parte finale della recensione se non volete spoiler.

Su Katie Khan voglio dire che ha scritto un libro che avrei voluto scrivere io, perché ha unito tre generi che amo molto e li ha mescolati con molta perizia. Inoltre, ha usato l’alternanza tra presente e passato, così da rendere la narrazione assolutamente viva e palpitante, mai noiosa, considerato che le parti che riguardavano il presente erano spesso infarcite di nozioni di fisica e di chimica.
Questa donna, inoltre, con un linguaggio semplice e uno stile fluido, ha creato un world-building fenomenale, in cui ha mescolato geopolitica e filosofia, dando vita a un mondo assolutamente verosimile.
Infine, ha messo insieme romance e angst, cosa che ha decisamente contribuito a distruggere parecchio il fegato dei lettori (ecco anche spiegato il motivo per cui molte recensioni che avevo visto erano negative, perché i lettori di distopici non si aspettano mai il lieto fine, diversamente dai lettori di romance. Capirete che intendo se continuerete a leggere la recensione).

I personaggi: essenzialmente abbiamo Carys e Max, ma compaiono anche Liljana e Lim, i migliori amici dei due, nonché i genitori (stronzi) di Max e la madre di Carys.
Max e Carys sono agli antipodi, come agli antipodi sono le loro famiglie, tuttavia l’amore non guarda in faccia né ideologie né fede né età, così questi due si sono ritrovati innamorati quando non dovevano esserlo.

Ecco due frasi che per me rappresentano bene i due personaggi.

Carys:
«Quando ti dicono che non puoi avere qualcosa, credo che sia nella natura umana cominciare a desiderarla».
Max:
«Non c’è modo migliore di passare gli ultimi minuti della mia vita che parlare con la persona migliore che abbia mai conosciuto»
Sistemata la faccenda recensione, ora posso passare alla faccenda sclero: il finale, anzi no, I FINALI!

Sì, perché questo libro ne ha ben tre.
Avete presente il film Sliding Doors che terminava con due finali diversi a seconda che la protagonista avesse preso o no la metro quel giorno?
Oppure, conoscete quei games (tipo gli Otome) in cui al giocatore è concesso scegliere tra varie opzioni di trama?
Ebbene, in Regalami una stella è possibile scegliere tra il finale uno, il finale due o il finale tre.

Vi anticipo che è uno più tragico dell’altro.

Per questi finali io ho decisamente sclerato, perché si sono palesate delle situazioni che per me sono state davvero geniali (come Osric e la comparsa di Ric nel finale Uno).

Che siano dei veri e propri finali, o siano solo dei film mentali che Max e Carys si sono fatti mentre fluttuavano nello spazio, pensando a come sarebbe stata la loro vita senza l’altro, è plausibile come è pure possibile che l’autrice abbia voluto davvero dare al lettore la possibilità di scegliere il proprio finale, il che è per me stata sicuramente una cosa geniale, mai vista prima.
Io il mio finale l’ho scelto. E voi?

6 commenti:

  1. Ahhhh quanto è bello questo libro? La parte finale CI ha distrutto. Non ho mai letto un libro completo a livello di world-building, di personaggi e di emozioni. Condivido praticamente tutto quello che hai scritto, ma questo già lo sai. È un libro semplice ma estremamente complesso contemporaneamente, e io amo queste cose. E quel finale.

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    1. Quei finali! Il mio è il primo. Sì, hai capito bene. Scelgo il finale numero uno e il perchè è semplice: Ric. La storia di Osric mi ha spiazzato. Sono abbastanza disagiata da scegliere quel finale.
      Gran bel distopico sci-fi.

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    2. Dunque lo sapevo che sceglievi quello perché lì ci sono cose geniali letteralmente. Ma io sono per l'ultimo, come sai l'ultima scena è quella per me più poetica e romantica possibile.
      Siamo disagiate Sensei.

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    3. Sapevo che il tuo finale era il tre, o tutto o niente con te. Siamo molto disagiate, Fede-chan.

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  2. e io che l'avevo bellamente snobbato! Mi devo ricredere e dalla tua recensione capisco che devo anche andare a comprarlo subito! voglio essere disagiata come voi!XD

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    1. Ciao, Saya. Mi piacerebbe sapere come mai l'avevi snobbato. Ho una mia teoria, ma vorrei confermarla (o smentirla!), ovviamente se ti va di rispondermi ;)

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