Titolo originale: Kings Raising
Serie: Captive Prince #3
Autrice: C. S. Pacat
Editore: Triskell
Genere: storico fantastico M/M
Data uscita: 19 marzo 2018
Trama: Damianos di Akielos è tornato.
Ora che la sua identità è stata svelata, Damen deve affrontare il suo padrone, Laurent, come Damianos di Akielos, l'uomo che il principe di Vere ha giurato di uccidere.
Sull'orlo di una battaglia epocale, il futuro dei loro due regni è in bilico. A sud, l'esercito di Kastor si sta radunando, mentre a nord le forze del reggente si mobilitano per la guerra. L'unica speranza di Damen è allearsi con Laurent per sconfiggere insieme i loro usurpatori. Ma anche se la fragile fiducia che condividono resisterà alla rivelazione della vera identità di Damen, sarà sufficiente per sventare l'ultimo e più spietato piano del reggente?
Recensione di Alexandria:
Più che una recensione, questa è una discussione sull’intera vicenda di Damen e Laurent, quindi avviso che potrebbe contenere spoiler dei libri precedenti e potrebbe confermare dei fatti che negli altri due volumi sono solo supposizioni.
Quando ho letto Captive Prince, sapevo già che la saga della Pacat era stata per me una scommessa vinta. In fin dei conti, io sono una fujoshi acclarata, amo i manga yaoi, leggo MM, sono una patita di fantasy, adoro i pov maschili, impazzisco per i personaggi come Laurent e Damen.
Quello che non avevo preventivato, però, era che l’amore che avevo provato per la storia del primo libro si sarebbe trasformato in adorazione nel secondo e in assoluto senso di perfezione nel terzo.
Questa è la seconda recensione de L’ascesa dei Re che faccio. La prima risale agli istanti successivi
alla lettura del libro in inglese, istanti in cui mi sentivo del tutto annebbiata ed euforica. Saltellavo letteralmente. Se volete disagiarvi leggendola (è altamente spoilerosa, vi avviso), la potete trovare sul mio profilo GR qui.
A mente fredda, quella è la vera recensione del libro, l’espressione autentica dei sentimenti che ho provato leggendo Kings Rising. Sono stata travolta da quelle sensazioni, dal tumulto delle reazioni che la Pacat riesce a suscitare nel lettore, capitolo dopo capitolo: sorpresa, rimpianto, ansia, dolore, rabbia, eccitazione, pietà, sollievo.
Per molto tempo ho pensato che il mio libro preferito della saga fosse il secondo, Prince’s Gambit, poi ho capito che è questo quello che si è piantato dolorosamente nel mio cuore, per tanti motivi.
Captive Prince sembrava una storia torbida, un Re ridotto a diventare uno schiavo di sesso per il Principe di uno stato nemico. Ambientato in una corte viziosa e depravata, prometteva situazioni peccaminose e illecite, presentando due personaggi l’uno opposto dell’altro: Damen sincero e leale, Laurent velenoso e infido.
E invece, quella storia tanto semplice nei fatti, celava lo spettro di una situazione psicologica intricata che spandeva raggi di luce policromatica su tutta la vicenda dei personaggi, non solo di Damen e Laurent.
Il presupposto da cui dobbiamo partire è, secondo me, la vicenda scatenante: l’assassinio di Auguste da parte di Damen a Marlas.
E’ quello il punto da cui tutto ha inizio: Damen ha rafforzato la sua posizione davanti al padre, screditando ulteriormente la figura del fratellastro Kastor, e Laurent...beh, per lui quella morte ha significato la perdita in un colpo solo sia dell’adorato fratello che del padre, ritrovandosi solo in una corte che lo zio non smette di avvelenare con vili bugie sul suo conto.
L’impatto emotivo per Laurent è devastante quando si ritrova davanti colui che popola i suoi incubi notturni, colui il quale lo ha spinto ad abbandonare i libri per temprare il corpo alla spada, una disciplina che avrebbe lasciato volentieri ad Auguste. Non solo Damen gli compare davanti come schiavo, ma non può nemmeno ucciderlo. Perchè lo zio ha altri piani per lui: già, Damen deve scoparselo per poi distruggerlo emotivamente, dopo avergli rivelato che Laurent aveva aperto le cosce per l’assassino di suo fratello. Questi erano i piani del Reggente.
Ma il Reggente non aveva fatto i conti con Damen, con la sua rigida concezione dell’onore tipicamente akielonese, con l’impossibile sincronia che la sua mente lineare era riuscita a creare con quella meravigliosamente contorta di Laurent.
E’ davvero un paradosso come Laurent, solo per anni, incompreso e senza legami, finisca per crearne uno con la persona che odia di più al mondo, Damianos, l’assassino del principe Auguste.
Ed è un altro paradosso come Damen debba imparare da Laurent cosa significhi essere tradito dal proprio stesso sangue.
La crescita emotiva di questi due personaggi trova il culmine nel secondo libro, dove entrambi finiscono per fidarsi l’uno dell’altro: l’assassino del fratello che salva la vita a colui che l’ha fatto frustare a morte.
Ormai pensavamo che questa fiducia fosse la base su cui il rapporto di Damen e Laurent si sarebbe sviluppato nel terzo libro. Niente di più falso.
La Pacat è una maestra nel rimescolare i pezzi di quel puzzle che è Captive Prince.
Così, iniziato Kings Rising, non ho potuto fare altro che mettermi a imprecare e le imprecazioni si sono perpetrate per ben cinque capitoli di fila, partendo da Hello, Princess, passando per Hello, Lover, e finendo con My brother of Akielos.
La fiducia che Damen ormai riponeva in Laurent, la consapevolezza che aveva scalfito quella armatura che lo ricopriva perennemente, l’idea di essere diventato qualcosa di importante per il Principe di Vere, viene dolorosamente distrutta, sbrandellata in maniera minuziosa e dolorosa.
Sì, il lettore percepisce quel dolore fin dentro le viscere. Laurent non ha perso una goccia del suo proverbiale veleno. Laurent con due parole è riuscito a minare tutte le certezze di Damen, facendo percepire al lettore la stessa illusione (e disillusione) che Damen deve aver provato, soprattutto alla luce delle vicende del Cap 19 bis, quando Laurent si era dato a Damen la seconda volta.
Finge, Laurent? Ha solo rimesso a posto i suoi strati difensivi? Li aveva mai tolti davvero?
Però devo dire che mai, nemmeno per un momento, sebbene Laurent sia tornato a essere l’odioso e machiavellico principe del primo libro, mai sono riuscita ad odiarlo. Ho amato ogni parola che infliggeva dolore a Damen e nello stesso tempo ho sofferto con Damen mentre le ascoltavo uscire da quella bocca meravigliosamente velenosa.
Due Re, Damen e Laurent, alleati contro lo stesso nemico, lo zio Reggente le cui mire adesso sono evidenti.
Alleati. Non amanti. Manco amici.
Non è facile raccontare come abbia passato molto tempo a organizzare mentalmente la morte di quell’essere viscido e senza onore che è il Reggente. La fine meno dolorosa che la mia mente ha ordito prevedeva una morte per dissanguamento dopo perdita dei gingilli reali.
Il punto di svolta di tutta la storia è affidato a Jokaste, la Creatrice di Re, non solo a livello astratto, ma concreto. Questo personaggio è la versione femminile di Laurent, non solo fisicamente ma anche mentalmente. La sua mente è identica a quella del Principe di Vere, e alla fine anche i suoi sentimenti lo sono.
Questo punto di svolta ha una enorme conseguenza sulla storia: tutte le difese cadono, sia dall’una che dall’altra parte.
Tutto ciò che Damen aveva tenuto dentro di sé durante la sua schiavitù e il viaggio con Laurent del secondo libro, sull’amore per suo padre, sul fallimento con suo fratello e sulla devozione per la sua terra, vengono prepotentemente fuori.
La sua consapevolezza di essere stato cieco e non aver visto al di là del suo naso, nonostante gli avvertimenti dell’amico Nikandros, il suo sentirsi solo, abbandonato, e l’empatia violenta nei confronti di Laurent che ha vissuto per anni ciò che lui stesso ha vissuto per mesi, tutto gli appare fin troppo chiaro.
Credo che questo sia il momento in cui io ho deciso che Kings Rising fosse il mio libro preferito, il momento in cui Laurent tira Damen a sé e lo abbraccia in modo impacciato per consolarlo.
Le maschere cadono, le corazze si rompono, i giochi si svelano.
Chi sia davvero Laurent è lo stesso Damen a rivelarlo al mondo.
«E quando l’ho lasciato solo, drogato e indifeso dopo che avevano attentato alla sua vita, l’ho anche visto opporsi allo zio per perorare la mia causa e convincerlo a risparmiarmi, solo perché pensava di essere in debito.Sapeva che stava mettendo a repentaglio la propria, di vita. Sapeva che sarebbe stato mandato alla frontiera, spedito verso quella trappola che avrebbe dovuto ucciderlo. Eppure, ha parlato in mio favore. Lo ha fatto perché era dovuto e perché, secondo il rigido codice morale che regola la sua vita, era giusto.Ecco l’uomo che avete di fronte. Possiede più onore e integrità di chiunque abbia mai conosciuto. È devoto alla sua gente e alla sua patria. E io sono onorato di essere stato il suo amante.»
Ed ecco cosa era in realtà Captive Prince, non una vicenda torbida ambientata in una corte viziosa e depravata, ma la storia di due Re che si perdono l’uno a causa dell’altro per poi ritrovarsi proprio grazie alla forza di entrambi.
Death and life; past and future; Akielos and Vere.
Cinque stelle Gold per l’intera saga, la mia preferita in assoluto.
Le tue recensioni le adoro parah. Seriamente. Sia questa che quella “vera”. È una serie bellissima, e nonostante non ti abbia stressata a dovere sai benissimo quanto io ami la serie Cara.
RispondiEliminaDopotutto sei la mia LaurentA.
E tu sei la mia DamenA.
EliminaL'amore per Damen e Laurent ci unirà per sempre, cara <3