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mercoledì 16 novembre 2016

Recensione Non aspettare la notte di Valentina D'Urbano


Titolo: Non aspettare la notte
Autrice: Valentina D'Urbano
Serie: no, autoconclusivo
Editore: Longanesi
Data di pubblicazione: 25 agosto 2016
Pagine: 350
Genere: narrativa
Punto di vista: terza persona
Livello di sensualità: medio-basso

Trama: Giugno 1994. Roma sta per affrontare un'altra estate di turisti e afa quando ad Angelica viene offerta una via di fuga: la grande villa in campagna di suo nonno, a Borgo Gallico. Lì potrà riposarsi dagli studi di giurisprudenza. E potrà continuare a nascondersi. Perché a soli vent'anni Angelica è segnata dalla vita non soltanto nell'animo ma anche su tutto il corpo. Dopo l'incidente d'auto in cui sua madre è morta, Angelica infatti, pur essendo bellissima, è coperta da cicatrici. Per questo indossa sempre abiti lunghi e un cappello a tesa larga. Ma nessuno può nascondersi per sempre. A scoprirla sarà Tommaso, un ragazzo di Borgo Gallico che la incrocia per caso e che non riesce più a dimenticarla. Anche se non la può vedere bene, perché Tommaso ha una malattia degenerativa agli occhi e sono sempre più i giorni neri dei momenti di luce. Ma non importa, perché Tommaso ha una Polaroid, con cui può immortalare anche le cose che sul momento non vede, così da poterle riguardare quando recupera la vista. In quelle foto, Angelica è bellissima, senza cicatrici, e Tommaso se ne innamora. E con il suo amore e la sua allegria la coinvolge, nonostante le ritrosie. Ma proprio quando sembra che sia possibile non aspettare la notte, la notte li travolge...

Recensione di Alice:
Dovete sapere che leggo i romanzi di Valentina D'Urbano con il contagocce, questo perché sono un'animo sensibile e quest'autrice con il mio cuoricino pink ci fa uno scendiletto. O un tiragraffi per il suo gatto. Se Il rumore dei tuoi passi mi aveva devastata, Alfredo ha sparso le mie ceneri al vento (cliccate sui titoli se volete leggere le recensioni).
Con questo romanzo mi sentivo relativamente al sicuro, perché mi avevano assicurato che l'autrice si era lasciata andare a un'inedita dolcezza, che aveva un po' ritratto gli artigli e questa volta i graffi della sua scrittura erano meno dolorosi. Che vi devo dire? Avevano ragione, ma fino a un certo punto, perché io mi sono fatta male lo stesso.

Parto dicendo che adoro le ambientazioni della D'Urbano, che ci portano indietro nel tempo, ma non così tanto da perdere familiarità con quello che ti circonda. Essendo una figlia degli anni '80, trovarmi a leggere del 1994, con le sue musicassette, le polaroid, il motorino scassato (un ciao precisamente!) e la totale assenza di social, mi ha riportato alla mia infanzia, con una sensazione agrodolce di malinconia.

L'inizio è terrificante, ma si sa, ormai sono abituata a come Valentina ci butta senza alcuna pietà nel pieno della mischia. Angelica è una ragazzina, ha solo tredici anni, una bellezza perfetta, una pelle liscia e intatta, e una mamma che non sta bene, una mamma che le vuole bene e nonostante questo ha molto da farsi perdonare.
La ritroviamo qualche anno dopo, non è più la stessa persona, ha vent'anni e una pelle che è stata rimessa insieme con così tanti punti che è quasi impossibile contarli (anche se lei lo ha fatto e li conosce uno ad uno). Esce poco di casa, lo stretto indispensabile, sempre coperta il più possibile, maglie con le maniche lunghe e un cappello a tesa larga che le ombreggia il volto. Sopravvive, ma ha smesso di vivere parecchio tempo prima, su un cavalcavia fuori Roma. 
Finché non incontra Tommaso, un giovane uomo alto e muscoloso, con un sorriso da ragazzino e gli occhi sempre strizzati perché il mondo, per lui, è come se fosse sommerso dall'acqua. Per Tommaso, le cicatrici di Angelica sono solo lievi ombre su un viso bellissimo, perfetto. Persino la sua Polaroid mente, mostrando un volto che la ragazza stessa non riconosce come proprio.

Tommaso non vede le sue cicatrici e anche Angelica inizia a dimenticarsi di loro così, liberata di quel peso, comincia a vivere davvero.
Non c'è nient'altro adesso, niente che non sia il suo respiro tra le labbra, le sue mani che la stringono, rimettono insieme i pezzi. Una disperazione che con lui si trasforma, diventa meno acuminata, un abisso che ora perde i denti e la forza, non la morde più. Il dolore si scioglie e diventa riparo, diventa sollievo.
Il sentimento è assolutamente reciproco. Se lui significa vita per lei, lei significa luce nelle notti sempre più lunghe di lui. 
Angelica si volta, cerca di coprirsi le parti peggiori, ma ogni volta che lo fa lui le scosta piano le mani e bacia i solchi, le linee sottili dei punti di sutura, i buchi e i rilievi, e non la tocca mai dove è liscia e sana perché in quei punti è come le altre, mentre tutto il suo essere, tutte le sue paure e le sue lotte, l'essenza stessa di lei, stanno lì, dentro le sue ferite. Sei bella, sei bellissima, non ti coprire.
Un amore profondo, disperato, totalizzante, ma anche fragile, perché Angelica stessa è fragile e non riesce a tirare fuori il coraggio proprio quando ne avrebbe più bisogno. Così fa scelte sbagliate, sbagliatissime, scelte che pagherà sulla propria pelle, ancora una volta. Perché la vita è così, non te le risparmia... soprattutto se te le vai a cercare.
Ho faticato a digerire questa parte, perché avrei voluto prenderla per le spalle e darle una scrollata così forte da farle volare via il cappello dalla testa. Ma l'ho anche capita, perché con un passato come il suo, a volte la razionalità va a farsi un giro e quando sei abituata a soffrire, ti sembra di non meritare altro.  Ma è qui che la D'Urbano mi ha stupita: dopo avermi tenuto sulla corda per lunghe, eterne pagine, ha dato una svolta inaspettata alla storia, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

Per concludere, Non aspettare la notte è un romanzo diverso da quelli a cui mi aveva abituata quest'autrice, ma ne conserva intatta l'anima dura, un'essenza d'acciaio che questa volta ha volutamente foderato di velluto, regalandomi un sacco di emozioni contrastati, portandomi dalla disperazione più nera alla gioia più completa, poi di nuovo giù e su, pregando ogni volta che la parola fine arrivasse nel momento giusto... E secondo, così è stato.
Non ti innamori delle cose perfette, senza segni. Le cose perfette sono di tutti. Ti innamori delle zone d'ombra, delle crepe, delle storture che vedi e senti dentro, che ti appartengono. Ti innamori di chi è riuscito a sopravvivere.
Quattro e mezzo

7 commenti:

  1. Lo stile di Valentina è unico. Angelica è un personaggio unico e Tommaso è semplicemente inimitabile. Una storia unica per due personaggi che lasciano il segno

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  2. Ho comprato questo e Il rumore dei tuoi passi, proprio su consiglio di Ophelie, e non vedo l'ora di leggerli! :D

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  3. Ciao Alice! Bellissima recensione, ho amato tanto questo libro esattamente come gli altri di Valentina. E sono d'accordo con te, anche se è diverso dagli altri fa male lo stesso, ed è un continuo di emozioni diverse! Bellissimo però!

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  4. @Ophelie: hai assolutamente ragione! Due personaggi indimenticabili. E Valentina è bravissima.

    @Chiara: qualcosa mi dice che la tua parte masochista sarà accontentata... XD

    @Autumn: grazie! *arrossisce* Qui vale la pena soffrire però, vero? ^_^

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  5. Alice ciao!
    Ma Valentina potrà mai scrivere un libro frivolo e sdolcinato? Per me no. Lei in qualche modo riuscirà sempre a farci male e sono sincera, se ogni tanto avrà voglia di curare le nostre ferite con un bel cerotto tipo Non Aspettare la Notte, be', a me non dispiacerà affatto!

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  6. Chi emozioni vuol provare un poco deve soffrire ;) Non vedo l'ora di leggerlo!
    L'ho preso usato su Libraccio e, niente, adoro le storie strazianti quindi devo assolutamente trovare il tempo di gustarmene la lettura ^^

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  7. Silviaaaaa! Ma ben vengano i cerotti!

    Ciao Giulia! Hai proprio ragione... Sono una fifona e rifuggo il dolore in tutte le sue forme, anche quelle letterarie, però ogni tanto ci vuole e questo libro è un compromesso perfetto.

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