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venerdì 7 settembre 2018

Recensione La canzone di Achille di Madeline Miller


Titolo: La canzone di Achille
Titolo originale: The Song of Achilles
Autore: Madeline Miller
Editore: Sonzogno
Data uscita: 2013
Genere: Romanzo

Trama: Dimenticate Troia, gli scenari di guerra, i duelli, il sangue, la morte. Dimenticate la violenza e le stragi, la crudeltà e l'orrore. E seguite invece il cammino di due giovani, amici prima e poi amanti e infine anche compagni d'arme - due giovani splendidi per gioventù e bellezza, destinati a concludere la loro vita sulla pianura troiana e a rimanere uniti per sempre con le ceneri mischiate in una sola, preziosissima urna. Madeline Miller, studiosa e docente di antichità classica, a cui la dottrina non ha limitato o spento la fantasia creatrice, rievoca la storia d'amore e di morte di Achille e Patroclo, piegando il ritmo solenne dell'epica alla ricostruzione di una vicenda che ha lasciato scarse ma inconfondibili tracce: un legame tra uomini spogliato da ogni morbosità e restituito alla naturalezza con cui i Greci antichi riconobbero e accettarono l'omosessualità. Patroclo muore al posto di Achille, per Achille, e Achille non vuole più vivere senza Patroclo. Sulle mura di Troia si profilano due altissime ombre che oscurano l'ormai usurata vicenda di Elena e Paride.

Recensione di Alexandria:
La recensione di questo libro potrebbe risultare tra le più facili da scrivere, poiché non si rischia di fare spoiler sul finale (il mio continuo dramma quando devo recensire). 
Tuttavia, questa non è una recensione facile, non per me. Perché ho amato molto questo libro e scriverne senza abbandonarmi a parole senza senso, dettate dalla disperazione dopo aver letto l’ultima pagina, non è stato semplice. 

Tutti sappiamo di cosa parli l’Iliade e proprio tutti abbiamo presente come finisca: a schifio, come si direbbe dalle parti mie.
Tutti abbiamo sentito parlare dei protagonisti della vicenda omerica, nomi celebri di cui non si è occupato solo Omero ma anche altri grandi scrittori antichi (Eschilo, Euripide, Sofocle, Virgilio, per citarne alcuni). 
Allora voglio iniziare da qui, da questa domanda che mi sono fatta prima di intraprendere la lettura: a che serve leggere questo libro, se tutti conosciamo l’Iliade e sappiamo come finisce?

La prima cosa che voglio dire è che La canzone di Achille non è un retelling dell’Iliade, ma è il racconto delle vicende del più grande eroe greco, Achille, visto secondo il pov del suo migliore amico Patroclo, il suo “therapon” cioè un compagno d’armi legato a un principe da un giuramento di sangue e di amore. 
Amore. 

Questa è una parola molto importante in questa storia, perché la novità introdotta magistralmente dalla Miller sta nell’aver conferito connotati amorosi al rapporto di ϕιλία pura che da sempre associamo alle due figure di Achille e Patroclo.

Rimanendo fedele alle leggende greche e alle opere di Omero, l’autrice è stata in grado di raccontare una storia non narrata in precedenza da nessuno, la storia di Patroclo e della sua infanzia, mostrandoci un ragazzo che la vita ha sconfitto in molti modi, pur essendo nato principe.

Patroclo finisce esiliato a Ftia in seguito all’omicidio involontario di un ragazzo della corte del padre, Menenzio, il quale non lo aveva mai considerato un figlio degno di lui.

Nell’Iliade, Patroclo è un personaggio secondario che acquista valore nel momento in cui decide di combattere al posto di Achille nel tentativo di salvare i Greci, finendo ucciso da Ettore.

Il suo gesto scatena la reazione violenta di Achille che mette in moto l’atto finale dell’opera omerica, sbloccando così la guerra in favore dei Greci.
Ne La canzone di Achille, invece, il ruolo di Patroclo è principale fin dall’inizio, sia in quanto io narrante, sia in quanto personaggio più vicino ad Achille e in grado, proprio per questa sua vicinanza, di mostrarci un Achille mai visto prima.

Obiettivamente, Achille non è mai stato un personaggio simpatico, almeno io non l’ho mai considerato tale.
È sempre stato il classico principe prepotente e consapevole della sua forza, quello che sceglie una morte da eroe piuttosto che una vita senza gloria, un tantino spocchioso e pure un filino arrogante.

Ecco, il mio modo di intendere Achille dopo aver letto questo libro è decisamente cambiato.
Grazie agli occhi di Patroclo ho conosciuto un ragazzo che sa di essere il migliore tra i greci, ma che ha anche un lato sensibile e un’umanità lontana dalla sua natura divina.
“Questo, dico. E questo e questo. Il modo in cui i suoi capelli splendevano nel sole estivo. Il suo volto quando correva. I suoi occhi durante le lezioni, seri come quelli di un gufo. Questo e questo e questo. Così tanti momenti di felicità, che si affollano e si fanno avanti.”
Achille è ingenuo e si fida. Si fida della madre (maledetta!).
Questo è un altro personaggio su cui ho cambiato opinione. Da sempre l’avevo quasi compatita, ma in questo libro mi sono ritrovata a odiarla e a condannarla, infierendo contro di lei con epiteti poco degni di una dea.
Si fida di Odisseo (aaaaah, pure buono quello!) Tolti i siparietti fantastici con l’amico Diomede, gli avrei sbattuto la testa contro uno spigolo una pagina sì e l’altra pure! E io amavo Odisseo, lo adoravo per la sua intelligenza e la sua astuzia. Ma non in questo libro. Qui lo avrei felicemente accoppato.

In questa storia, invece,  Achille appare molto più umano di come tutti lo conosciamo.

Ed è questo uno dei meriti della scrittrice, l’aver gettato una luce nuova su una storia e su dei personaggi che mai avremmo pensato potessero essere diversi da come li abbiamo concepiti, rendendo il tutto estremamente verosimile, incastrando ingranaggi nuovi in meccanismi antichi e facendo funzionare perfettamente la macchina.
Certo, alcuni personaggi restano proprio tali, Elena e Agamennone in primis, zoccola la prima, decisamente meschino il secondo. La mia opinione su di loro non ha subito variazione alcuna.

L’amore tra Achille e Patroclo, poi, è qualcosa di meraviglioso e strappa budella.

Devo dire la verità: sapevo che Patroclo sarebbe morto, ero preparata. L’ho visto morto decine di volte, ma vederlo morto dal suo punto di vista e realizzare come Patroclo percepisse il dolore di Achille mi ha straziato.

Lo confesso ho pianto. E io non piango mai.

Questa non è la storia dell’ira di Achille. È la storia del suo dolore.

“Lo riconoscerei anche solo dal tocco, dal profumo; lo riconoscerei anche se fossi cieco, dal modo in cui respira, da come i suoi piedi sferzano la terra. Lo riconoscerei anche nella morte, anche alla fine del mondo.”

2 commenti:

  1. Uno dei libri più belli e toccanti in assoluto. Indimenticabile

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    1. Assolutamente d'accordo con te. Da tenere nella lista dei best ten.

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